mercoledì 30 marzo 2011

Non lo fo per piacer mio.....

Un ricerca durata anni ha messo in evidenza una certa correlazione tra religione e obesità.

In prima battuta la notizia si presta a facile ilarità ma io, che oltre al corpo ho anche l'anima un po' sovrappeso, non mi lascio sfuggire un'occasione così appetitosa per esprimere un sospetto.

Premesso che la ricerca di cui sopra sembra non aver trovato le motivazioni alla base di questo trend, io voglio provare ad avanzare delle ipotesi.

In tutti gli anni in cui ho frequentato l'ambiente parrocchiale, da ragazzina ad adulta, non ricordo di aver sentito parlare con adeguata enfasi dell'importanza della cura di sé e del proprio corpo parallelamente all'approfondimento spirituale.

Ho dovuto "bazzicare" altri luoghi per sentirmi dire che corpo e anima sono un tutt'uno inscindibile e che queste due componenti non possono evolversi separatamente, che il corpo non è solo uno strumento con cui "non fare" ma è un luogo da abitare e vivere e che non può essere ignorato nel difficile percorso della conoscenza di sé.

Il nostro corpo parla di noi e va ascoltato come vanno ascoltate le emozioni e le inquetudini dell'anima.

E' importante dire ai ragazzi (e, purtroppo, anche a molto adulti) che nessuna espressione del nostro corpo può essere di per sé stessa fonte di vergogna o di colpa ma tutto va contestualizzato, interpretato e compreso nell' unicum della persona e che anche la meditazione più alta non può prescindere dalla corporeità.

So che esistono dei contesti di nicchia dove tutto ciò viene detto e me ne rallegro tuttavia si tratta ancora di eccezioni e, a riprova di ciò, basti osservare che le madri di famiglia "più sante" che circolano in ambiente parrocchiale sembrano esseri mitologici metà uomo e metà novizie. Da lontano si distinguono a fatica dai loro mariti e da vicino ti viene voglia di inseguirle con una striscia depilatoria perché possano riprendere le sembianze di donna. Anzi di femmina.

Il loro aspetto lascia pensare che abbiano messo da tempo sotto chiave la loro parte sessuata.
Sarebbe interessante comprendere perché l'hanno fatto e anche quanto dolore queste scelte, più o meno conscie, portano nelle loro vite e nelle loro relazioni familiari.

foto da Flickr

venerdì 11 marzo 2011

Carta, penna e calamaio

E' ufficiale: le nanotecnologie sono una copertura, siamo ancora al tempo degli amanuensi.

Innumerevoli gli uffici della Pubblica Amministrazione con i quali negli ultimi anni sono entrata in contatto: dalle ASL al Tribunale dei Minorenni, dai Servizi Sociali all' INPS, dall' Anagrafe all' Agenzia delle Entrate.

Ciò che con rammarico ho constatato è che, nella nostra "epoca www" in cui il digitale la fa da padrone e i RIS di Parma dichiarano che i bastoncini di pesce che ha mangiato la vittima prima di essere uccisa erano scaduti,  io non posso inviare documentazione ad un ufficio pubblico o fissare un appunatamento con un dirigente tramite mail.
E non perché i pubblici dipendenti non siano dotati di casella di posta elettronica ma perché spesso non la utilizzano (molti addirittura dichiarano di "non avere dimestichezza" con lo strumento).

A volte penso che certi impiegati abbiano il bisogno fisico del sentir frusciare le scartoffie sulla scrivania e godano del suono sordo del timbro che, in due tempi, batte sul tappetino di inchiostro e sul documento da nobilitare.

Il massimo che si può ottenere dai pochi impiegati "d'avanguardia" è l'accettazione dell'invio di un fax. Per inviarlo, però, bisogna essere degli inguaribili ottimisti perché nessuno ci assicura che, in prossimità dello strumento ricevente, ci sia vita.
La stanza potrebbe essere utilizzata come deposito di sedie rotte o  la persona che magari per caso passa di lì potrebbe tirar via la presa dal muro in preda al panico per il sibilo a lei ignoto che lo strumeto emette.
Nella migliore delle ipotesi quel foglio inviato lo prenderà qualche impiegato dal cuore ecologico che lo riciclerà per far disegnare il proprio bambino a casa.

Per non parlare del telefono che può squillare per ore senza che nessuno risponda e, per un intuito molto personale che col tempo si acquisisce, qualcosa ti dice che qualcuno dall'altra parte c'è. Probabilmente ha solo fatto un corso di meditazione zen per riuscire ad ignorare il trillo insistente e continuare a disquisire con la collega di come sia meglio utilizzare la cipolla al posto dell' aglio per un sughetto all'arrabbiata.

Per ritirare una convocazione del Tribunale mi sono dovuta recare presso la Casa Comunale dove un signore dall' aria omerica mi ha fatto firmare in un registro di dimensioni abnormi tipo diario di San Pietro all'accettazione delle anime in Paradiso per prelevare un banalissimo foglio A4 (a questo punto mi saerei aspettata un rotolo di pergamena) in cui mi si chiedeva di presentarmi tale giorno a tale ora nell'ufficio del giudice tal dei tali.

Quando abbiamo aperto la pratica di adozione al Tribunale dei minori di Roma, tutta la documentazione doveva essere presentata in originale da ciascun coniuge e immaginate che tenerezza quando sotto i nostri occhi l'impiegata allo sportello ha riposto le scartoffie rispettivamente in una cartellina rosa e in una celeste!

Insomma, se volete capire veramente cos'è un acceleratore di particelle non serve andare al Cern di Ginevra, basta avere bisogno di un certificato medico legale da richiedere alla Asl di zona e vi assicuro che le vostre "particelle" gireranno alla velocità della luce.
Le mie ancora non accennano a rallentare.

martedì 8 marzo 2011

Chi glielo dice?

Chi glielo dice a mio figlio che quando avrà 14 anni non potrà uscire quattro sere a settimana per mangiare la pizza con gli amici, che ogni tanto è giusto fermarsi, magari riposare un po', regalarsi un tempo di noia da riempire con pensieri liberi?


Chi glielo dice che il silenzio non fa paura, anzi ci aiuta ad ascoltare noi stessi?

Che è meglio rimanere in piedi per la forza interiore e l'equilibrio conquistati a fatica nel tempo e non per forza centrifuga, che ogni tanto bisognerà anche rompersi le palle a fare i compiti.


Forse glielo diranno le maestre della scuola materna dove si organizzano quasi tutti i giorni feste di ogni sorta senza soluzione di continuità all'insegna del magna magna e del non so nemmeno che si festeggia ma l'importante è fare casino.


Oppure glielo diranno le zelanti mammine dei suoi compagni di classe che mi inondano la casella postale con mail in cui fanno a gara su chi porta cosa per le povere creature che non sia mai non mangiano.


Chi glielo dice che non è giusto né sano non toccare nulla del pasto che viene servito a mensa perché si ha la pancia piena di patatine, succhi di frutta e merendine? Glielo dovrebbero dire le mammine di cui sopra che indicono riunioni perché qualcuno verifichi che il cibo della mensa è veramente biologico. 


Io vorrei dirgli che festeggiare il compleanno di un amichetto è un modo per dire che sei felice che lui sia nato, che sei felice di averlo conosciuto. Che la tua vita non sarebbe la stessa senza di lui. 


Io vorrei dirgli che c'è un tempo di ordinarietà e che ci sono momenti di solennità, che le cose belle si celebrano con cura e attenzione, che le feste segnano i fatti importanti della vita.


Io vorrei dirgli che fare un regalo per un amico non è mamma che mette una quota nel mucchio ma è chiedersi cosa gli potrebbe fare piacere oppure come potremmo sorprenderlo.

Io glielo dico. 
Non so se la mia voce riuscirà ad arrivare alle sue orecchie nonostante il frastuono. 
Ma io glielo dico.